La Corte Costituzionale avrebbe volontariamente deciso di non esprimersi poiché sarebbe compito del Parlamento approvare, promuovere o respingere leggi, ordinamenti e normative che favoriscano piuttosto che blocchino la possibilità di fecondazione eterologa anche per le coppie italiane.
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In realtà, più che prendere una ferma, decisa e ben precisa posizione, la Corte Costituzionale non si sarebbe espressa sulla costituzionalità della legge 40, ed in particolar modo della costituzionalità degli articoli 4, terzo comma, 12, primo comma e 9, primo e terzo comma della su indicata normativa, demandando la decisione ai singoli tribunali ricorrenti i quali, tuttavia, avrebbero ricevuto l’indicazione, direttamente dalla Corte Costituzionale, di fare riferimento, per le presenti e future cause processuali riguardanti il delicato argomento, alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, in data 3 novembre 2011, avrebbe sancito la possibilità, per i Paesi membri dell’Unione Europea, di emanare legge contrarie alla possibilità di fecondazione eterologa.
La questione, per lo meno secondo quanto dichiarato dall’avvocato di Stato Gabriella Palmieri, sarebbe in realtà molto più semplice di quanto si vorrebbe oggi far credere.
La Corte Costituzionale, infatti, avrebbe volontariamente deciso di non esprimersi sia poiché la su indicata legge 40 non presenterebbe alcun profilo di incostituzionalità sia poiché, per lo meno relativamente a questioni morali così delicate e scottanti, sarebbe compito del Parlamento, e solo e soltanto delle due Camere, approvare, promuovere o respingere leggi, ordinamenti e normative che favoriscano piuttosto che blocchino la possibilità di fecondazione eterologa anche per le coppie italiane.