Quanti di noi non soffrono di insonnia o, comunque, di qualsiasi altro problema del sonno che, purtroppo, ci costringerebbe a ricorrere ai più assurdi stratagemmi pur di riposare e giungere al mattino con le forze necessarie a superare un'intensa giornata di studi o di lavoro?
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Probabilmente pochissimi (addirittura 34 cittadini europei su 100, stando a quanto avrebbe recentemente avuto modo di appurare un team di ricercatori internazionali, soffrirebbero di insonnia occasionale) che, però, non sarebbero affatto da invidiare o da giudicare privilegiati poiché il problema potrebbe in realtà essere un falso problema la cui immediata e semplicissima soluzione, da sempre sotto gli occhi di tutti a causa della propria evidenza o, per lo meno, a causa del sospetto della propria evidenza, da sempre sfuggirebbe a neurologi, psicologi e psichiatri di fama internazionale.
Codesta soluzione, infatti, consisterebbe, davvero molto intuitivamente, nel non utilizzare il computer durante le ore notturne, a meno che questo, naturalmente, non sia strettamente necessario, e nel spegnere completamente il cellulare, o lo smartphone, nel caso in cui quest’ultimo venga tenuto sul comodino di fianco al letto durante il benefico e rinvigorente riposo notturno.
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Il problema di fondo, però, potrebbe non essere di così immediata individuazione giacché, contrariamente a quanto si potrebbe comunemente, ed erroneamente, immaginare, la colpa non sarebbe delle radiazioni, più o meno intense, che ciascun dispositivo portatile di ultima generazione sarebbe costantemente in grado di emettere, bensì della necessità, ormai apparentemente irrinunciabile, di essere perennemente connessi ad internet alla ricerca, spasmodica e disperata, di informazioni della più differente natura nonché del fasullo e virtuale contatto umano concesso da chat e social network.
A causa di internet, e degli strumenti che avrebbero permesso all’uomo di portare internet a letto con sé, i confini tra vita priva e vita lavorativa, così come quelli, decisamente più importanti e determinanti, tra vita reale e vita virtuale, starebbero lentamente scomparendo sino a che, fondendosi, costringeranno l’uomo ad un continuum indistinto ed indifferenziato nel quale anche il sonno potrebbe non aver più il benché minimo significato.
Queste le parole che Alberto Bergamin, amministratore delegato di Tempur, avrebbe espresso commentando i risultati di uno studio, recentemente condotto in Svezia e pubblicato sulla rivista scientifica BMC Public Health, che avrebbe inteso indagare la possibile correlazione tra disturbi del sonno e uso prolungato dei dispositivi tecnologici: “Siamo sovraesposti alle informazioni e i ritmi sono sempre più sostenuti: tutti si aspettano risposte immediate e c’è l’esigenza di essere sempre connessi. Questo causa confusione nei confini tra lavoro e vita privata. Portarsi il lavoro a casa o essere sempre reperibile a lungo andare può influire non solo sul sonno, ma anche sulla salute mentale. Essere sempre on line ha dei risvolti negativi: i messaggi inviati per posta elettronica possono essere fraintesi, la mancanza di una comunicazione faccia a faccia può favorire la solitudine, mentre ‘rubare’ ore al sonno per lavorare o chattare può causare seri problemi, fisici e mentali”.