Lo psicologo svedese Heinz Leymann ha parlato di mobbing nell'accezione in cui la consideriamo oggi, ossia quell'insieme di comportamenti violenti che portano all'esclusione di un individuo all'interno di un ambiente lavorativo
Il termine mobbing in Italia si inizia ad usare a metà degli anni Novanta grazie allo psicologo del lavoro Haraid Ege che spiega il fenomeno come una forma di terrorismo psicologico sul posto di lavoro, che si manifesta tramite comportamenti aggressivi e vessatori da parte dei colleghi o dei datori stessi.
Esistono diverse tipologie di mobbing: verticale, orizzontale, collettivo, esterno e doppio mobbing.
Mobbing verticale: avviene quando è attuato da un superiore nei confronti di un dipendente subordinato o viceversa, sia dal singolo dipendente nei confronti del capo o di un gruppo di colleghi verso il datore di lavoro.
Mobbing orizzontale: questo si verifica quando le vessazioni avvengono tra persone di pari grado.
Mobbing collettivo:è spesso utilizzato dalle aziende come strategia per la razionalizzazione del personale in forza, rivolto sporattutto a gruppi molto ampi di dipendenti.
Mobbing esterno: in questo caso la vittima è il datore di lavoro che subisce angherie da parte di enti esterni come ad esempio i sindacati e subisce anche pressioni sottoforma di minacce di denuncia per comportamenti mobbizanti.
Doppio mobbing: avviene quando la vittima carica la famiglia dei tutte quelle che sono le sue problematiche sul lavoro.
Da un inizio caratterizzato da comprensione dei famigliari si arriva al distacco che porta piano piano l’individuo ad isolarsi e avere comportamenti antisociali soffrendo di ansia molto forte che può provocare problemi cardiaci molto seri e problemi psicologici fino ad arrivare agli attacchi di panico che vanno curati da medici specialisti.