Un gruppo di scienziati internazionali hanno scoperto il primo ceppo di virus della malaria che resistono al farmaco più comunemente usato per contrastarlo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva già espresso preoccupazione nel 2006 sul fatto che negli anni a venire il germe della malaria avrebbe sviluppato una resistenza ai farmaci, e tale evento ora è diventato una realtà in Cambogia, dove sono stati individuati i primi casi di ritardo nella guarigione dall’infezione.
Due recenti studi, uno statunitense l’altro inglese, hanno infatti scoperto in questa regione sacche di resistenza all’artemisin, il farmaco che ultimamente era il più utilizzato per la cura del male.
Il primo ha scoperto che tra un terzo e la metà dei pazienti trattati hanno ritardato i tempi di guarigione, ed anche lo studio inglese ha rilevato analoghi risultati, scoprendo che un gruppo di pazienti affetti dall’infezione in Cambogia guarivano nel doppio del tempo che un gruppo di controllo di pazienti tailandesi.
Ciò significa che è proprio qui, in Cambogia, che il germe si sta preparando a resistere ai farmaci. Non è la prima volta che ciò accade, già in passato infatti, alcuni ceppi malarici avevano sviluppato una decisa resistenza ai farmaci utilizzati precedentemente, clorochina e sulfadoxine pirimetamina, causando un aumento esponenziale dei decessi soprattutto in Africa, dove questi virus più resistenti erano approdati.
Se questo dovesse succedere anche per l’artemisin ci si troverebbe di fronte ad una grande catastrofe sanitaria, soprattutto se questo, come nei casi precedenti, dovesse raggiungere il continente africano.
Tra le cause per cui proprio in quella regione si sviluppano i ceppi di virus resistenti sicuramente il sistema sanitario mal funzionante, ma anche la presenza sul mercato di diverse organizzazioni criminali che immettono sul mercati falsi medicinali anti malarici, con una quantità di artemisin inferiore al dovuto, stimolando così la capacità dei protozoi di resistere e di evolversi.