La sindrome di Stoccolma è una patologia psichiatrica in cui una persona che è vittima di un sequestro può sviluppare dei sentimenti positivi nei confronti dei propri aguzzini.
La sindrome di Stoccolma è una patologia psichiatrica in cui una persona che è vittima di un sequestro può sviluppare dei sentimenti positivi nei confronti dei propri aguzzini.
La sindrome di Stoccolma deve il suo nome da un furto che avvenne alla Kreditbanken di Stoccolma del 1973, in cui i dipendenti dell’istituto bancario vennero tenuti in ostaggio per sei giorni consecutivi.
Le vittime svilupparono un forte attaccamento con i loro rapitori, tanto che dopo che vennero liberati ed in fase di processo, chiesero tutti all’unisono clemenza da parte della corte.
Questo termine venne coniato dal famoso criminologo specializzato in psicologia, Nils Bejerot, che prese parte alle indagini, aiutando la polizia durante la rapina; il termine venne poi utilizzato per la prima volta nel corso di una trasmissione televisiva che trattava di questo rapimento.
Un caso che ancora oggi lascia molt dubbi è quello di Natascha Kampusch, la ragazza tedesca che venne tenuta in ostaggio dal suo rapitore per ben otto anni, quando nel 2006 riuscì finalmente a scappare, a seguito di un litigio con il rapitore e non per un piano architettato da anni.
Diventa quindi come una sorta di dipendenza tra il rapito ed il rapitore, tanto da crearsi un vero e proprio rapporto di sudditanza psicologica, non dettata dalla paura ma come si trattasse di una relazione.
Sembra che questa patologia rappresenti un tentativo inconscio di neutralizzare l’aguzzino, avvicinandosi a questo umanamente, come ad evitare la morte, o una difesa, anch’essa inconscia, messa in atto per sopportare il trauma del sequestro e della violenza.