Molte malattie diagnosticate nell’età adulta, spiegano i ricercatori, possono essere fatte risalire a come si è vissuto durante l’infanzia. Alcune cattive abitudini e la condizione di salute tra i 20 ed i 30 anni sono uno dei motivi per cui le persone, più tardi nel corso della loro esistenza, maturano determinate condizioni di salute e malattie. E ciò vale non solo per il tipo di dieta, l’attività fisica o determinati comportamenti a rischio come il fumo o l’alcool, ma anche da determinate condizioni socio-economiche affermano i ricercatori.
Uno studio condotto su 212 ragazzi di età compresa tra i 14 ed i 16 anni e durato circa tre anni in totale ha osservato come i ragazzi provenienti dalle famiglie più povere risultavano più inclini a dimostrare precocemente quei segnali che indicano la presenza di problemi cardiaci.
Lo status socioeconomico sembra colpire maggiormente in quella fascia di età rispetto ai bambini più giovani o gli adolescenti più anziani, secondo quanto osservato dai ricercatori.
Una fascia di età che risulta dunque più vulnerabile a problemi cardiovascolari se esposti a fattori di stress, e ciò probabilmente a causa del fatto che in quell’età sono in corso nell’organismo profondi mutamenti ormonali e psicologici: nella relazione con se stessi, con i coetanei e con il prossimo.
Uno studio neozelandese, citato dai ricercatori, aveva già evidenziato come i bambini socialmente isolati risultavano essere più a rischio di malattie cardiovascolari, e ciò indipendentemente dal reddito economico della famiglia.
Un altro studio aveva inoltre rilevato come vivere in una famiglia povera può influenzare le reazioni di un bambino davanti a situazioni negative, ed esporlo in misura maggiore al rischio di problemi cardiaci.
I bambini che hanno poche risorse insomma, sia nel nucleo famigliare che nella comunità in cui vivono, crescono in ambienti che favoriscono lo stress e rendono la persona maggiormente suscettibile e reattiva agli effetti negativi delle avversità.
Per far fronte a questa condizione, spiegano i ricercatori, si sviluppa una sorta di ipervigilanza nei confronti dell’ambiente circostante che crea un’eccessiva diffidenza nei confronti degli altri e spinge l’adolescente ad interpretare gli eventi che accadono come potenzialmente più minacciosi di quello che sono nella realtà.
La stessa interazione con gli altri può dunque diventare una fonte di stress, aumentando l’eccitazione e di conseguenza la pressione sanguigna, i livelli di infiammazione e la riduzione delle riserve dell’organismo.
Eventi che sono fortemente predittori di un futuro rischio di malattie cardiovascolari, concludono i ricercatori.
Fonte HealthFinder