Gli uomini che non esprimono apertamente la loro rabbia, se hanno problemi al lavoro, sono doppiamente a rischio di attacco cardiaco.
Secondo quanto hanno verificato, esiste un’associazione molto forte tra la rabbia repressa e l’insorgere di malattie cardiache.
Pubblicata su Journal of Epidemiology and Community Health, la ricerca prevedeva differenti atteggiamenti nei confronti di un conflitto al lavoro: chi affronta frontalmente il conflitto, chi lascia perdere, chi se ne allontana, chi sviluppa sintomi come mal di stomaco e mal di testa e chi sfoga il suo malumore a casa.
Lo studio ha preso in considerazione anche altri aspetti, come l’abitudine al fumo, il bere alcoolici, i livelli di attività fisica, l’educazione scolastica, i livelli di disoccupazione e la possibilità di poter prendere decisioni sul posto di lavoro.
Pressione arteriosa, indice di massa corporea e livelli di colesterolo sono stati inoltre misurati per ognuno dei partecipanti.
Nel 2003 è stato analizzato il numero di quanti, a distanza di circa 10 anni dall’inizio dello studio, avevano avuto problemi di cuore ed attacchi cardiaci: 47 dei partecipanti avevano avuto un attacco cardiaco o erano deceduti a causa di problemi di cuore.
Coloro che affrontavano il conflitto con la fuga o lasciando correre sono risultati più a rischio di attacco cardiaco di coloro che invece prendevano di petto il problema ed affrontavano la situazione.
Mal di testa o mal di stomaco ed il cattivo umore una volta a casa invece non sono sembrati statisticamente aumentare i fattori di rischio.
Secondo i ricercatori i risultati della ricerca suggeriscono che la rabbia repressa può produrre stress fisiologico, e se questa non viene sfogata può portare ad un aumento della pressione arteriosa con conseguenti danni al sistema cardiovascolare.
Per alcune persone poi, continuano i ricercatori, se lo stress di per sé non è un fattore di rischio per malattie cardiache e circolatorie, la risposta alle situazioni di stress con atteggiamenti nocivi come il fumare, il bere o l’eccedere nel cibo possono contribuire ad aumentare il rischio.
Fonte BBCNews