Atrofia muscolare progressiva

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L’atrofia muscolare progressiva viene spesso erroneamente considerata come un sintomo della sclerosi laterale amiotrofica ma, essendo anche questa una malattia del motoneurone, permette una sopravvivenza superiore rispetto alla SLA.
Questa malattia comprende anche l’atrofia muscolare spinale perché sono caratterizzate dalla stessa degenerazione progressiva delle cellule facenti parte del midollo spinale
Si distinguono in: malattia di Aran –Duchenne, che colpisce in età adulta ed ha un evoluzione molto lenta, iniziando con i muscoli degli arti superiori, per poi espandersi a tutto il corpo, malattia di Werdnig –Hoffmann, che però è ereditaria e colpisce i bambini appena nati soprattutto a livello dei muscoli della coscia e delle braccia causando per una precoce morte e malattia di Wohlfart-Kukelberg-Welander, anche questa ereditaria che colpisce però nell’età infantile soprattutto la zona dei muscoli del bacino.



Queste tipologie di malattie hanno in comune il fatto di essere tutte autosomiche recessive (come ad esempio anche la Sindrome di Gorlin Goltz) quindi si manifestano quando i genitori ne sono portatori sani.
Malattie del tutto invalidanti, ad oggi non hanno trovato ancora una cura e, come la sclerosi laterale amiotrofica, o l’atrofia muscolare spinale, provocano il lento collasso di tutti i muscoli fino alla difficoltà respiratoria ed al conseguente blocco respiratorio che provoca la morte.
Molti casi di cronaca, come Piergiorgio Welby e Luca Coscioni, per citare i due più illustri, raccontano di malati esasperati che chiedono a gran voce la possibilità di un preventivo testamento biologico che permetta loro di morire tramite l’eutanasia.
Sia Coscioni che Welby, hanno scelto questa ipotesi ma per lo stato italiano, il medico che pratica l’eutanasia e condannabile per omicidio.
Dovrebbe poter essere una scelta libera di qualsiasi cittadino del mondo di poter scegliere come vivere o come morire, soprattutto in casi come questi che provocano una morte lenta ed agonizzante, a meno che i medici non riescano a trovare una cura che permetta di far regredire la malattia.

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