Abbiamo parlato di aborto spontaneo, aborto interno e aborto terapeutico che è suddiviso in due categorie, quello chirurgico e l'aborto farmacologico e oggi vogliamo parlare di aborto volontario
Partendo dal presupposto che ogni individuo deve poter essere libero di decidere cosa fare della propria vita, per poi dover fare i conti solo ed esclusivamente con la propria coscienza e non con istituzioni o religione, una donna che vuole interrompere una gravidanza entro i primi tre mesi di gestazione, deve poterlo fare in tutta tranquillità e serenità, accompagnata in questo doloroso cammino da medici competenti e figure psicologiche valide (che facciano dell’inutile terrorismo psicologico sulle donne che stanno attraversando un momento molto difficile della loro vita).
L’aborto volontario è prima di tutto legiferato dalla legge 194 del 1978 e poi riconfermato con il referendum del 1981 e permette alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza, qualora lo volesse.
Il problema principale dell’aborto volontario (che per l’appunto può essere farmacologico o chirurgico) è che spesso lo si confonde per un gesto di eugenetica, nel caso in cui la madre scopra delle patologie nel feto e da più di vent’anni la Chiesa ha una forte ingerenza sulle coscienze dei medici ginecologi, che dovrebbero prestare il loro lavoro, al di là di una spicciola moralità da quattro soldi, a discapito della donna.
E’ chiaro che questa è solo una constatazione estemporanea, ma in un paese civile in cui la prima regola è il rispetto per tutti i cittadini, l’aborto, così come il testamento biologico non dovrebbero essere ancora oggi un motivo di discussione.
Proprio il prossimo 18 maggio in Parlamento verrà presentato il nuovo testo scritto da per la legiferazione del biotestamento, che prevede un ampliamento del precedente decreto legge del 26 marzo del 2009