Ma la presenza del padre è un aiuto o un problema per la madre che si accinge a partorire?
Questo è stato l’argomento che recentemente ha stimolato un interessante dibattito al Royal College of Midwives, un’organizzazione di ostetriche britannica.
Le posizioni al riguardo sono molto differenti. Un ginecologo francese, Michel Odent, ha espresso il dubbio che la presenza del padre durante il parto sia in effetti un problema più che un aiuto per la donna, perchè, secondo la sua ipotesi, la donna rallenterebbe la produzione di un ormone, l’ossitocina, il quale è di fondamentale importanza al momento del parto.
Secondo il medico francese l’ossitocina infatti sarebbe un ormone “timido” che tarderebbe ad essere prodotto quando la donna si trova in un ambiente non silenzioso e troppo tecnologico, oppure in presenza di un padre nervoso e sconvolto, il che provocherebbe la necessità sempre più massiccia di ricorrere al parto cesareo d’emergenza.
Il ginecologo francese, una notorietà nel campo dell’ostetricia e della ginecologia, sostiene esserci un legame evidente tra l’aumento del numero di parti cesarei e la sempre più diffusa usanza di permettere al padre di assistere al momento del parto.
La sua posizione è stata però confutata da altre relazioni, che ponevano in serio dubbio tali dichiarazioni.
La presenza del padre al momento del parto è frutto di un intenso dibattito nato all’inizio degli anni ’60, che invece rilevava come la presenza del padre fosse di aiuto alla donna, e tutt’altro che un problema.
Secondo Robert Bradley, autore nel 1962 del libro “Father’s Presence in Delivery Rooms” la presenza del padre coinciderebbe in realtà con un drastico calo, del 90% di casi, sostiene, della medicalizzazione del parto.
Ed è stato anche citato il caso dell’Iran, paese con il più alto tasso di cesarei al mondo, dove il Ministero della Salute ha recentemente permesso al padre di partecipare al parto proprio per far diminuire il numero dei cesarei. Secondo i medici iraniani insomma la presenza del compagno ridurrebbe la paura della donna al momento del parto e quindi permetterebbe un rilascio più facile dell’ossitocina.
Un’altra posizione espressa durante il dibattito, sostenuta da Patrick O O’Brien, un consulente del Royal College of Obstetricians and Gynecologists, ha invece puntato l’attenzione sul fatto che l’aumento del numero dei parti cesarei non sarebbe da associare alla presenza del padre, ma piuttosto ad altri aspetti, come un maggior tasso di obesità tra le partorienti e l’aumento dell’età media della madre.
La soluzione potrebbe stare nel mezzo, come sostiene Winnie Rushby di Doula UK, un’organizzazione che offre personale femminile non medico come supporto alle nascite, per la quale la presenza del padre dovrebbe essere il frutto di una serena discussione tra i due partner, e, nel caso la donna lo desiderasse davvero, allora il padre dovrebbe essere preparato a ciò che lo aspetta, per evitare che le sue reazioni al momento del parto possano in qualche maniera influire sulla buona riuscita di questo.