L'assunzione di psicofarmaci nel corso del terzo di gravidanza potrebbe causare l'insufficienza polmonare del nascituro.
ABORTO VOLONTARIO NON CAUSA DISTURBI MENTALI
A volte, purtroppo, la sensazione di disagio vissuta dalle pazienti è tale da richiedere un consulto psichiatrico specialistico, a seguito del quale si sarebbe soliti prescrivere l’assunzione di psicofarmaci antidepressivi, quali gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, che, secondo le ultime indagini in merito, sarebbero tra i più diffusi ed utilizzati.
DEPRESSIONE POST-PARTUM PEGGIO DELL’ABORTO
Eppure questa pratica, sicuramente utile alla donna sofferente, sarebbe vivamente nonché fermamente da sconsigliare poiché possibile causa di serissimi danni al nascituro.
Secondo quanto rivelato dal Karolinska Institute di Stoccolma al termine di uno studio osservazionale condotto su oltre 1,6 milioni di nascite, i cui risultati sarebbero stati in questi giorni divulgati grazie alla pubblicazione sull’eminente rivista scientifica British Medical Journal, l’assunzione di SSRI nel corso del trimestre conclusivo della gravidanza, infatti, potrebbe condurre ad un aumento del 50% delle probabilità del nascituro di sviluppare una gravissima forma di insufficienza polmonare cronica che, in termini assoluti, equivarrebbe ad un aumento da 1,2 a 3 nati malati ogni 1.000 nati vivi.
Sebbene, dunque, uno studio di codesto tipo non servirebbe allo scopo di dimostrare l’effettiva correlazione tra assunzione di psicofarmaci e sviluppo di malattie polmonari nel feto, i ricercatori di Stoccolma, nell’attesa dei trial clinici che la verifichino inconfutabilmente, consiglierebbero la massima prudenza nonché l’elaborazione di differenti strategie per il trattamento e la cura della depressione durante la gravidanza.