
Una ricerca che ha incluso 686 senza segni di demenza senile (una delle conseguenze più comuni delle patologie cerebrovascolari), sottoposti a misurazione della pressione sanguigna tre volte nell’arco di 24 mesi, e a sedute di risonanza magnetica realizzate per verificare la presenza di anomalie o patologie a livello cerebrale.
I partecipanti sono stati suddivisi in 4 differenti gruppi, a seconda dei livelli di pressione, alta o bassa, ed a seconda delle fluttuazioni più o meno elevate nella pressione arteriosa.
Nell’insieme, le persone rivelavano una fluttuazione della pressione intorno al 5,5% nel caso di pressione bassa, e del 5,2% nel caso di pressione sanguigna elevata, e ci sono stati pazienti che hanno registrato fluttuazioni intorno al 14,2% come tetto massimo.
Se alta pressione sanguigna e maggiori fluttuazioni sono associabili ad un rischio maggiore di malattie cerebrovascolari, i ricercatori hanno evidenziato che coloro che presentavano entrambe le condizioni erano sicuramente quelli con i più alti livelli di rischio.
Le malattie cerebrovascolari, commentano i ricercatori, sono legate ad una serie di condizioni di salute che possono condurre a varie manifestazioni, più o meno gravi, di disabilità, sia nel campo del deterioramento cognitivo, che nei repentini cambiamenti di umore ed infine nei disturbi di movimento.
La nuova ricerca, concludono, indica che tenere a bada, anche con l’utilizzo di farmaci, la fluttuazione della pressione arteriosa è una strategia terapeutica efficace, anche per le persone con livelli di pressione arteriosa nella norma, per tenere sotto controllo il rischio di malattie cerebrovascolari, oltre a ridurre i deficit cognitivi associati all’invecchiamento.
Lo studio è stato di recente pubblicato sulla rivista Archives of Neurology.