Fluttuazione della pressione legata al rischio di malattie cerebrovascolari

pressione sangue

Se l’alta pressione è uno dei fattori di rischio riconosciuti per malattie cerebrovascolari, ancora di più lo è quando si è in presenza di forti fluttuazioni nella pressione arteriosa. E’ quanto stabilisce un recente studio realizzato da ricercatori dell’Istituto Taub presso la Columbia University di New York City.
Una ricerca che ha incluso 686 senza segni di demenza senile (una delle conseguenze più comuni delle patologie cerebrovascolari), sottoposti a misurazione della pressione sanguigna tre volte nell’arco di 24 mesi, e a sedute di risonanza magnetica realizzate per verificare la presenza di anomalie o patologie a livello cerebrale.

I partecipanti sono stati suddivisi in 4 differenti gruppi, a seconda dei livelli di pressione, alta o bassa, ed a seconda delle fluttuazioni più o meno elevate nella pressione arteriosa.

Nell’insieme, le persone rivelavano una fluttuazione della pressione intorno al 5,5% nel caso di pressione bassa, e del 5,2% nel caso di pressione sanguigna elevata, e ci sono stati pazienti che hanno registrato fluttuazioni intorno al 14,2% come tetto massimo.

Se alta pressione sanguigna e maggiori fluttuazioni sono associabili ad un rischio maggiore di malattie cerebrovascolari, i ricercatori hanno evidenziato che coloro che presentavano entrambe le condizioni erano sicuramente quelli con i più alti livelli di rischio.

Le malattie cerebrovascolari, commentano i ricercatori, sono legate ad una serie di condizioni di salute che possono condurre a varie manifestazioni, più o meno gravi, di disabilità, sia nel campo del deterioramento cognitivo, che nei repentini cambiamenti di umore ed infine nei disturbi di movimento.

La nuova ricerca, concludono, indica che tenere a bada, anche con l’utilizzo di farmaci, la fluttuazione della pressione arteriosa è una strategia terapeutica efficace, anche per le persone con livelli di pressione arteriosa nella norma, per tenere sotto controllo il rischio di malattie cerebrovascolari, oltre a ridurre i deficit cognitivi associati all’invecchiamento.

Lo studio è stato di recente pubblicato sulla rivista Archives of Neurology.

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