Parole e gesti sono elaborati nella stessa regione del cervello.
I risultati della ricerca, pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dimostrano che le regioni cerebrali che da tempo sono state riconosciute avere la funzione di interpretare le parole, sono le stesse che utilizziamo per interpretare anche altri segni, siano essi gesti, simboli, suoni oppure ancora oggetti.
Per scoprire come e dove il cervello si attivasse davanti a messaggi parlati o mimati, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica della risonanza magnetica funzionale, grazie alla quale potevano intravedere l’attività della corteccia cerebrale di fronte a determinati stimoli visivi o sonori.
Un gruppo di volontari, nove uomini ed 11 donne, sono stati sottoposti alla risonanza magnetica funzionale mentre guardavano brevi filmati video dove un attore mimava un determinato gesto o lo esprimeva con parole. I volontari sono anche stati sottoposti ad serie di video in cui l’attore eseguiva gesti incomprensibili e pronunciava parole senza senso.
Gli scienziati hanno misurato l’attività cerebrale per ciascuno degli stimoli, valutato somiglianze e differenze e tracciato il modo in cui le varie parti del cervello comunicano tra di loro in questa situazione.
I ricercatori hanno scoperto che nell’elaborazione di gesti e parole il cervello è stato molto attivo nell’area frontale anteriore o area di Broca, nella parte anteriore sinistra del cervello, e nell’area temporale posteriore comunemente indicata come area di Wernicke, nel lato posteriore sinistro del cervello.
Negli studi più recenti sul linguaggio c’è chi sostiene che le due regioni cerebrali funzionano in maniera analoga a quello che accade per un motore di ricerca web: nella parte frontale si elabora la richiesta di informazioni su un determinato gesto la cui memoria è immagazzinata nell’area posteriore; questa restituisce alle regioni dell’area frontale le informazioni in merito affinchè questa possa decifrare il senso del messaggio.
Nell’area temporale dunque non sarebbero solo immagazzinate informazioni utili per interpretare il linguaggio ma anche quelle necessarie a comprendere simboli suoni e gesti.
Ciò rafforzerebbe la teoria che sostiene che gli antenati della scimmia e dell’uomo erano in grado di comunicare tra loro attraverso i gesti. Le aree cerebrali preposte alla comprensione dei segnali gestuali si sarebbero poi adattate alla comprensione del linguaggio mano a mano che esso si è sviluppato: se tale teoria fosse corretta ciò significherebbe che le nostre aree linguistiche possono effettivamente essere i resti dell’antico sistema di comunicazione.
Anche nei neonati è possibile osservare la forte interazione esistente tra il linguaggio gestuale e quello parlato: la capacità di comunicare attraverso i gesti precede il linguaggio parlato e nel bambino è possibile addirittura prevedere le competenze linguistiche dal repertorio dei gesti che esso utilizza prima di esprimersi a parole.
I risultati della ricerca dunque forniscono spunti interessanti di conoscenza non solo per quanto riguarda l’origine del linguaggio parlato, possono anche aiutare a spiegare l’interazione che esiste tra le parole ed i gesti, e come si sviluppano le competenze linguistiche nei bambini.