La caffeina presente nel caffè riduce la gravità della fibrosi epatica nei pazienti con epatite cronica da virus C.
Lo ha scoperto un nuovo studio realizzato dal National Institutes of Health che ha studiato gli effetti della sostanza su un campione di 117 pazienti, di età media di 51 anni, i quali sono stati seguiti per due anni e monitorati in base al consumo giornaliero di caffeina presente nel caffè ed in altre bevande.
La fibrosi epatica consiste nella cicatrizzazione dei tessuti del fegato, ed è il secondo stadio della malattia epatica, durante la quale le funzioni del fegato si riducono a causa dell’accumulo di tessuto connettivo.
I pazienti che hanno consumato più di 308 milligrammi al giorno di caffeina contenuta nel caffè risultavano avere fibrosi epatica più lieve rispetto agli altri pazienti. Una quantità giornaliera equiparabile a 2,25 tazze di caffè normali.
Ad ogni ulteriore aumento di 67 milligrammi di consumo di caffeina (l’equivalente di circa mezza tazza di caffè), secondo lo studio, si riduce ulteriormente, di circa il 14%, la probabilità di fibrosi nei pazienti affetti da epatite C.
I ricercatori, che hanno pubblicato la ricerca su Hepatology, hanno evidenziato che altre fonti di caffeina come quella fornite da bibite, tè, bevande fortificanti e pillole, non ha avuto lo stesso effetto.
Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare se l’effetto protettivo del caffè e l’aumento delle dosi di caffeina oltre i normali livelli di assunzione giornaliera siano altrettanto efficaci e non abbiano controindicazioni.