I livelli di una determinata proteina sono fortemente predittori del rischio di avere in futuro gravi problemi di osteoartrosi.
Uno studio, apparso nel numero di agosto di Arthritis & Rheumatism, è il primo ad aver individuato un biomarcatore da laboratorio per la diagnosi dell’osteoartrite, il suo impiego potrà essere in futuro utile per portare alla diagnosi precoce della malattia, prima della comparsa dei sintomi clinici.
La ricerca condotta in Italia, ha coinvolto 912 persone in buona salute in cui erano comprese anche 60 persone che avevano un’osteoartrite grave e che erano stati sottoposti alla sostituzione protesica delle articolazioni dell’anca o del ginocchio tra il 1990 e il 2005.
Coloro che all’inizio dello studio avevano un alto livello di una particolare molecola di adesione cellulare vascolare, la VCAM-1, espressa nelle cellule della cartilagine e del tessuto connettivo, sono risultati essere più a rischio di essere in futuro sottoposti ad interventi chirurgici.
Il livello di VCAM-1 è emerso quindi come un importante predittore di rischio di gravi forme di osteoartrosi, addirittura superiore o pari agli effetti dell’età.
L’utilizzo della molecola VCAM-1 come rilevatore dei fattori di rischio ha poi permesso di elaborare modelli di previsione più accurata dello sviluppo del male ed una migliore classificazione dei pazienti.
La previsione in tempi rapidi ed in anticipo del rischio di osteoartrosi, dicono gli esperti, potrebbe risultare di grande aiuto sia per individuare le persone maggiormente a rischio, sia di attuare per queste opportuni trattamenti terapeutici come lavorare sul peso corporeo ed intensificare l’attività fisica.
I ricercatori hanno inoltre sostenuto che saperne di più sul collegamento tra la molecola VCAM-1 e l’osteoartrite potrà anche contribuire a migliorare la conoscenza delle cause che la provocano.