Gay, lesbiche e bisessuali, secondo uno studio realizzato da ricercatori dell'UCLA, l'università californiana di los Angeles, hanno il doppio di probabilità di ricorrere a trattamenti per problemi di salute mentale, e sono anche più a rischio nell'uso di sostanze stupefacenti.
Lo studio è apparso sull’ultimo numero della rivista BMC Psychiatry e riporta i dati di una ricerca condotta da un’equipe di ricercatori che hanno analizzato i dati su 2074 persone che avevano partecipato ad una ricerca su larga scala, la California Health Interview Survey.
Il 48,5% di gay, lesbiche e bisessuali hanno dichiarato abusi di sostanze stupefacenti e di essere ricorsi a terapie o contatti con i centri di salute mentale, mentre tra gli eterosessuali la percentuale si è assestata intorno al 22,5%.
Lo studio ha inoltre riscontrato che le donne lesbiche e bisessuali hanno una probabilità ancora più alta, mentre quelli che sono risultati tra le percentuali più basse sono stati i maschi eterosessuali.
Se è un dato di fatto che l’utilizzo dei servizi sanitari è maggiore per le donne in generale, con questo studio viene evidenziato che l’orientamento sessuale gioca un ruolo ulteriore, visto che le donne lesbiche e bisessuali hanno almeno il doppio delle probabilità delle donne eterosessuali di ricorrere a trattamenti di salute mentale o di essere passate attraverso l’abuso di sostanze.
Le cause, secondo i ricercatori sono essenzialmente di natura sociale. Le minoranze sessuali sono maggiormente esposte a fenomeni come la discriminazione, la violenza, e possono più facilmente ritrovarsi a vivere in condizioni di vita stressanti.
La storica e pervasiva patologizzazione dell’omosessualità nella società può inoltre aver contribuito a far si che le persone propendano più facilmente per l’idea di necessitare di cure mentali, forse anche perchè si considera il proprio orientamento sessuale come facente parte dell’universo dei disturbi mentali.
D’altronde, il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) il manuale che viene utilizzato per diagnosticare i disturbi mentali, e che è il maggior strumento utilizzato dagli psichiatri nel mondo, catalogava, ancora nel 1972, l’omosessualità come un problema mentale, una psicopatologia.