Sebbene i giocatori migliorino le proprie prestazioni in un gioco specifico, essi risultano tuttavia mantenere costanti i punteggi sia nei test di intelligenza che nelle valutazioni sulle loro facoltà cognitive.
La ricerca che ha scatenato il dibattito è stata pubblicata di recente su Nature, ed è, a detta dei ricercatori del Medical Research Council Cognition and Brain Sciences Unit e della Società per L’Alzheimer inglese, la più grande mai effettuata in questo ramo di studi.
Secondo i risultati, i giochi in questione non sono in grado di incentivare le facoltà intellettive del cervello, e nemmeno migliorare il quoziente intellettivo.
L’esperimento, realizzato online e sponsorizzato dalla BBC ha coinvolto un gran numero di persone, più di 11 mila, di età compresa tra i 18 ed i 60 anni.
I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi, due dei quali hanno svolto diversi giochi per lo sviluppo cerebrale simili ai giochi disponibili in commercio, mentre ad un gruppo di controllo è stato assegnato come compito quello di andare online e cercare informazioni mirate su un argomento specifico, la musica.
Tali esercitazioni si sono svolte per una durata di 10 minuti al giorno per tre volte alla settimana, per un periodo di circa sei settimane.
Tutti i partecipanti sono stati sottoposti, prima e dopo l’esperimento, a test valutativi del quoziente intellettivo e delle facoltà cognitive.
I ricercatori hanno così potuto osservare come, sebbene i giocatori migliorassero le proprie prestazioni in un gioco specifico, essi risultavano tuttavia mantenere costanti i punteggi sia nei test di intelligenza che nelle valutazioni sulle loro facoltà cognitive in altre attività non legate al gioco.
I risultati hanno però sollevato da parte di alcuni esperti una serie di obiezioni, tra le quali quelle del professor Murali Doraiswamy, esperto di Alzheimer e psichiatra che ha commentato come, se da un lato lo studio è utile perchè contribuisce a ridurre l’eccessivo entusiasmo ed aspettativa sulle potenzialità di questi giochi, dall’altro questi non sono del tutto inutili, perchè per alcune persone, come chi ha difficoltà di apprendimento o disturbi come l’ADHD essi in realtà possono avere una certa utilità.
Semmai, ribadisce l’esperto, lo studio imporrà ai produttori di tali giochi di certificare l’effettiva validità di questi, prima di poterli vendere come efficaci.
Un altro esperto, Alvaro Fernandez, amministratore delegato della Sharp Brains, un’azienda che si occupa di ricerche specializzate in scienze cognitive, sostiene che lo studio ha una falla nel fatto che l’attività di gioco è stata del tutto estemporanea e ridotta nel tempo, e non è stata verificata selezionando un target specifico di popolazione.
Secondo Fernandez, in alcune situazioni e come attività mirata e continuativa, i giochi per esercitare la mente possono in realtà essere davvero utili.