La sindrome di Gerusalemme è molto simile alla sindrome di Stendhal e si manifesta nei visitatori che si recano nella città sacra di Gerusalemme, o negli edifici sacri che hanno un'eredità molto pesante.
La sindrome di Gerusalemme è molto simile alla sindrome di Stendhal e si manifesta nei visitatori che si recano nella città sacra di Gerusalemme, o negli edifici sacri che hanno un’eredità molto pesante.
Questa patologia viene descritta per la prima volta, sotto un aspetto clinico, dallo psichiatra Heinz Herman, nel 1930, ma già nel Medio Evo, il teologo domenicano Felix Fabri, descrisse esperienze molto simili, nei suoi dettagliati racconti dei pellegrinaggi in Terra Santa.
Uno dei casi clinici più importanti e che entrarono a far parte della letteratura medica, fu quello del turista australiano Michael Rohan, che, nel 1969, preso da un folle raptus, cercò di incendiare la moschea di Al-Aqsa sul Monte del Tempio di Gerusalemme, ossia la zona sacra che è motivo di lotta decennale tra ebrei e islamici.
Si distinguono tre tipologie di soggetti colpiti dalla sindrome di Gerusalemme: quelli che si recano in Terra Santa con un’idea fissa di religiosità che viene delusa, o con la convinzione di avere una missione da compiere nella quale credono in modo assoluto; quelli che presentino una ossessione culturale che ha come ossessione la città santa di Gerusalemme che può manifestarsi con una forte avversione nei confronti di qualche riferimento culturale-religioso ed infine coloro i quali che manifestino sintomi psicotici dopo il loro arrivo a Gerusalemme come forte ansia, bisogno ossessivo di pulizia e igiene, desiderio di visitare da soli la città, preparazione di lunghe toghe bianche, declamazione di salmi desiderio di seguire processioni e creazione di sermoni confusi.