Avere una vita piena di attività, un ottimismo di fondo ed uno scopo nella vita sono tutti fattori che, secondo una recente ricerca, diminuiscono il rischio di demenza senile, decadimento cognitivo e morbo di Alzheimer.
L’invecchiamento medio della popolazione ha fatto si che sia diventata molto più comune di un tempo la diagnosi di demenza senile ed Alzheimer, e per questa ragione sono molti gli studi che la comunità scientifica internazionale ha promosso per valutare quali sono le cause della malattia, quali i fattori di rischio e quali le possibili terapie preventive e terapeutiche.
Si è sviluppato anche, in parallelo, un grande interesse per i fattori non strettamente legati alla biologia ma psico-sociali, che potrebbero giocare anche essi un ruolo determinante nello sviluppo della demenza senile.
Uno studio recente, realizzato da ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago e pubblicato su Archives of General Psychiatry, ha voluto verificare se un approccio positivo alla vita sia associabile ad un rischio ridotto di contrarre l’Alzheimer.
Lo studio ha coinvolto 951 anziani, senza segni di demenza senile, che sono stati invitati a rispondere ad una serie di domande che valutavano quanto fosse presente un atteggiamento positivo e propositivo nei confronti della propria esistenza, presente, passata e futura.
Dopo quattro anni, al follow-up, il 16,3% del campione di anziani ha sviluppato il morbo di Alzheimer.
I ricercatori, tenendo conto di altri fattori che possono entrare in gioco hanno verificato che coloro che presentavano nei questionari un attitudine più positiva ed attiva nei confronti della propria vita risultavano meno potenzialmente esposte al rischio di contrarre il male. Non solo, ma risultavano anche avere meno probabilità di sviluppare il decadimento cognitivo.
I pazienti ricevevano una valutazione in punti che valutava, da 1 a 5 il grado di positività nei confronti della propria esistenza, anche sotto l’aspetto della convinzione di avere uno scopo nella vita.
Quelli che avevano un punteggio più alto alla fine dello studio sono risultati avere un rischio di 2,4 volte più basso di sviluppare l’Alzheimer.
Sebbene non sia ancora chiaro se tale effetto sia legato anche a fattori biologici, lo studio potrebbe offrire interessanti ed utili raccomandazioni alle autorità sanitarie.
Più attività sociale, più attività fisica, maggiori attività cognitive ed uno scopo nella vita sembrano essere fattori che non solo migliorano la qualità della vita, ma riducono anche l’incidenza di molte malattie e la mortalità: un aspetto da tenere in considerazione se si vuole migliorare lo stato di salute della popolazione anziana.