Messaggi espliciti, foto osè, bullismo per via telematica sono gli ingredienti di un fenomeno nuovo, il cyberbullismo.
Un recente articolo apparso su HealthFinder rivela come recenti ricerche condotte negli Stati Uniti suggeriscono come almeno il 25% dei bambini di età scolare sono soggetti a questa forma di bullismo che corre attraverso i protocolli di comunicazione telematici, e-mail ed SMS, messaggeria istantanea e social network, sia attraverso il pc che attraverso i telefonini.
Un fenomeno in crescita sostiene Bridget Roberts-Pittman, assistente professore di couseling presso la Indiana State University dovuto al fatto che oggi i bambini anche giovanissimi hanno a disposizione diversi dispositivi in grado di ampliare la loro rete di comunicazione: facili da usare e spesso utilizzabili in forma anonima, richiedono all’adolescente sempre meno responsabilità ed attenzione ai contenuti veicolati.
Secondo HealthFinder sono almeno il 20% i bambini coinvolti nell’invio o nella ricezione di foto esplicite attraverso il cellulare, un fenomeno che in lingua inglese è stato battezzato come “sexting”.
Roberts-Pittman avverte inoltre che anche da un punto di vista legale tale pratica può essere pericolosa, in quanto il possesso e la distribuzione di materiale simile può incorrere in denunce legate alla pornografia infantile.
Ma a parte il rischio legale il fattore più dannoso può essere un cambiamento sensibile nei comportamenti dell’adolescente vittima del cyberbullismo.
Ansia e depressione, rinuncia ad andare a scuola o decisioni drastiche come quelle di abbandonare attività sportive possono essere segnali che l’adolescente è coinvolto in questo fenomeno.
E’ quindi consigliabile, sostiene Roberts-Pittman, che i genitori prestino più attenzione a quanto circola su telefonini e computer dei propri figli, sia attraverso l’utilizzo di appositi software che monitorano il traffico di dati, sia soprattutto parlandone con i figli.
In un era in cui le comunicazioni sono così accessibili, conclude l’esperta, i più giovani possono non essere in grado di valutare con la dovuta accortezza che ci si può trovare di fronte ad un problema più serio di quanto appaia, conclude l’autrice.