Primo trapianto di fegato eseguito da un robot

di Redazione

Un successo, come si potrebbe immaginare, che ci rende ancora una volta fieri ed orgogliosi delle eccellenze italiane che, prime nel mondo, avrebbero osato permettere ad un robot, seppure teleguidato, di eseguire un'operazione chirurgica in completa e totale autonomia.

Primo trapianto di fegato eseguito da un robot

Leggendo un simile titoli si potrebbe essere indotti a pensare che un tale intervento, oltre modo spettacolare nonché di decisiva importanza internazionale che, sul lungo periodo, potrebbe consentire ai pazienti di tutto il globo di venir operati, anche per interventi chirurgici oltre modo complessi e complicati, dall’asettica perfezione dei robot teleguidati, evenienza che potrebbe consentire sia una minore incisività del chirurgo sia un decorso post-operatori meno doloroso e meno duraturo, sia stato effettuato negli Stati Uniti, presso una qualche evolutissima clinica universitaria rinomata in tutto il mondo.

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Così, fortunatamente, non sarebbe, poiché, come riportato dai più importanti quotidiani nazionali ed internazionali, codesto intervento chirurgico, il primo al mondo ad essere stato eseguito dal da Vinci Surgical System, il primo, e sinora unico, robot chirurgo mai realizzato dall’uomo, senz’alcun tipo di assistenza manuale ed umana, sarebbe stato effettuato a casa nostra e, in particolar modo, presso l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione di Palermo.

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Un successo, come si potrebbe immaginare, che ci rende ancora una volta fieri ed orgogliosi delle eccellenze italiane che, prime nel mondo, avrebbero osato permettere ad un robot, seppure teleguidato, di eseguire un’operazione chirurgica in completa e totale autonomia.

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L’intervento effettuato dal da Vinci, ovverosia la resezione ed il prelievo del lobo epatico destro, necessario per un successivo trapianto di fegato, avrebbe richiesto, contrariamente a quanto avverrebbe solitamente, solamente 5 fori ed una piccola incisione di soli 9 centimetri che avrebbero consentito al paziente donatore di lasciare la struttura solamente 9 giorni dopo l’uscita dalla sala operatoria.

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