Il fatto che l’amianto sia, infatti, una materiale estremamente duttile, economico, facilmente reperibile e, soprattutto, ignifugo, lo rendeva utile ed ideale ai più diversi scopi quali:
– coibentazione di edifici privati e pubblici
– realizzazione di opere di copertura di edifici privati e pubblici
– realizzazione di canne fumarie, di corde, di vernici, di parti meccaniche di automobili
– realizzazione di tute e abbigliamento lavorativo ignifugo
Troppo tardi, sebbene la Germania dell’Est, già nel 1943, avesse cominciato a descrivere la tossicità del succitato materiale, si scoprì la pericolosità dell’amianto ed il suo effetto cancerogeno.
Troppo tardi, dunque, si pensò all’elaborazione di una legge che ne proibisse l’utilizzo e ne favorisse un corretto smaltimento e, ancora oggi, possiamo assistere, in molte località, alla rimozione dell’amianto dai tetti delle abitazioni o dai pavimenti delle scuole.
La situazione peggiore, però, come dimostrato da una recente inchiesta portata avanti da La Repubblica, si rileva a Broni, comune pavese seda della Fibronit (maggiore azienda italiana produttrice di Eternit, ovvero il nome commerciale dato alla miscela di cemento-amianto), città nella quale, ancora oggi e a distanza di moltissimi anni dalla chiusura, a causa del mancato smantellamento dell’industria, continuano a morire circa 40 persone ogni anno per mesotelioma o problemi respiratori connessi all’asbesto.
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