Il diabete è una condizione che mette a dura prova il cuore, per esempio aumentando il rischio di anomalie nel ritmo cardiaco come la fibrillazione atriale.
Un disturbo che, sottolineano i ricercatori del Group Health Research Insitute che hanno condotto lo studio, recentemente apparso su Journal of General Internal Medicine, non è di perse pericoloso o mortale, ma predispone più facilmente al rischio di ictus ed infarti.
Un rischio, quello di avere fibrillazione atriale, che nei diabetici è accentuato se sono in terapia con farmaci contro il diabete.
Precedenti studi hanno esaminato la relazione esistente tra diabete e fibrillazione atriale, anche se con dati sempre contrastanti, e spesso non hanno preso in considerazione un aspetto di primaria importanza, l’obesità che, è noto, aumenta sia il rischio diabete che il rischio di fibrillazione atriale.
Lo studio, ha esaminato un campione di 1.410 persone che presentavano il disturbo, messe a confronto con 2.203 altre persone che invece non erano colpite dalla specifica anomalia nel funzionamento cardiaco.
Il 18% delle persone con fibrillazione atriale erano in cura con farmaci per il diabete, mentre nel gruppo di controllo solo il 14% presentava il disturbo. Ciò, secondo i ricercatori, si può tradurre in un 40% di rischio in più di fibrillazione atriale per i diabetici in cura farmacologica.
Più grave il diabete tanto maggiore il rischio di fibrillazione atriale, secondo quanto risultava dalla valutazione dello stato di diabete attraverso la misurazione dei livelli di emoglobina A1c, un indicatore standard utilizzato per controllare il tasso di glicemia, ed attraverso la valutazione della quantità di tempo nel quale il paziente era in cura con farmaci per il diabete.
Infatti il rischio di fibrillazione atriale era del 6% maggiore nelle persone con livelli di A1c minori di 7, che quindi rivelavano un migliore controllo del tasso di glicemia nel sangue, mentre il rischio è risultato del 50% superiore quando i livelli di A1c erano compresi tra 7 e 9 ed addirittura raddoppiato per livelli superiori a 9.
Allo stesso modo, il rischio di anomalie nel ritmo cardiaco è risultato aumentare mano a mano che aumentava il numero di anni per i quali il paziente era in cura farmacologica: ogni anno di cure si traduce infatti in un aumento del rischio di circa il 3%.
Una ricerca utile soprattutto per i medici che hanno pazienti diabetici, che hanno più chiara la consapevolezza che nel curare il male si deve prendere in considerazione anche il rischio di fibrillazione atriale.
Una condizione che può essere trattata efficacemente per esempio, grazie all’uso di farmaci atti a fluidificare il sangue, e ridurre in questo modo il rischio di ictus.