Un farmaco per agire sul desiderio sessuale nella donna

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Un farmaco sperimentale non a base di ormoni potrebbe essere utilizzato come stimolatore del desiderio sessuale nella donna un problema che, si pensa, è presente in una donna su dieci nei paesi industrializzati. Ciò, indirettamente è inoltre causa di disagio e talvolta difficoltà nella relazione.

Per questo tipo di problematica, al momento non ci sono terapie farmacologiche; esistono, è vero, alcuni accorgimenti come pomate che stimolano l’afflusso di vasi sanguigni nell’area genitale, ma non ci sono farmaci che agiscono invece sul cervello.

E’ possibile migliorare le facoltà cognitive nella sindrome di Down?

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Una nuova ricerca fornisce le basi perchè in futuro si possano attivare cure mediche per il deficit cognitivo associato alla sindrome di Down.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, è stata realizzata su topi da laboratorio modificati geneticamente in modo da presentare una condizione analoga a quella della sindrome di Down. Gli scienziati hanno appurato che i topi analizzati riescono ad utilizzare il loro cervello e le funzioni cognitive in maniera più efficace quando si potenzia la norepinefrina, un neurotrasmettitore che ha un ruolo importante nella comunicazione tra le cellule cerebrali.

La stessa regione del cervello elabora parole e gesti

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Parole e gesti sono elaborati nella stessa regione del cervello. E’ questa la scoperta di un gruppo di ricercatori del National Institute on Deafness and Other Communication Disorders che potrebbe gettare nuova luce sullo studio di come si è evoluto il linguaggio umano.
I risultati della ricerca, pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dimostrano che le regioni cerebrali che da tempo sono state riconosciute avere la funzione di interpretare le parole, sono le stesse che utilizziamo per interpretare anche altri segni, siano essi gesti, simboli, suoni oppure ancora oggetti.

L’anfetamina compromette le facoltà mnemoniche negli adolescenti

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Un recente esperimento compiuto su animali da laboratorio ha rilevato che l’uso di anfetamina da teenagers può creare grossi scompensi alle funzioni mnemoniche del cervello, sia nella memoria breve, durante l’effetto delle sostanze, sia su quella a lungo periodo.
I ricercatori della University of Illinois at Urbana Champaign nel loro studio, che verrà prossimamente presentato al meeting annuale della prestigiosa Society for Neuroscience sostengono che i topi adulti, sottoposti a dosi di anfetamina da giovani, sono risultati essere maggiormente in difficoltà di fronte a test sulla memoria, una volta adulti.

Esercizi complessi come la giocoleria contribuiscono allo sviluppo del cervello

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Secondo un gruppo di scienziati dell’Università di Oxford alcuni esercizi complessi come per esempio la giocoleria, possono produrre cambiamenti significativi nella struttura cerebrale.
E’ quanto affermano in uno studio pubblicato su Nature Neuroscience.
Per dimostrarlo i ricercatori hanno coinvolto 24 giovani adulti sani, nessuno dei quali aveva in precedenza si era cimentato in esercizi di giocoleria. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, uno dei quali è stato sottoposto ad una serie di sedute settimanali di giocoleria, ed a cui è stato anche chiesto di esercitarsi almeno mezz’ora al giorno.

Certi grassi stimolano il cervello ad inibire i regolatori dell’appetito

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E’ inutile sperare che il nostro organismo ponga un freno alla nostre tendenza a mangiare, soprattutto se i cibi in questione sono ricchi di determinati tipi di grassi. Un nuovo studio condotto da ricercatori dell’ UT Southwestern Medical Center ha scoperto che, negli animali da laboratorio, il grasso di certi cibi che mangiamo raggiunge direttamente il cervello.
Lì le molecole di grasso inducono il cervello ad inviare all’organismo segnali inibitori dell’azione dell’insulina e della leptina, il cui compito è quello di sopprimere l’appetito. Entrambi sono ormoni, ed hanno una funzione fondamentale nella regolazione del peso corporeo.

Bere molto influenza la capacità di interpretare le emozioni degli altri

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Bere molto può influenzare la capacità di riconoscere le emozioni espresse sul viso delle persone che ci stanno intorno. Questi i risultati di uno studio condotto da ricercatori dell’Università di San Diego in California, che hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per monitorare l’attività cerebrale di 15 alcolisti di lunga data, mentre guardavano immagini di volti che presentavano espressioni emotive positive o negative.
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