Antigene prostatico specifico: livelli elevati non sempre rivelano un tumore alla prostata

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In tempi recenti il controllo dei livelli di PSA, l’antigene prostatico specifico, si è diffuso enormemente come uno dei segni rivelatori più importanti per il tumore alla prostata. Alcuni ricercatori statunitensi della Wake Forest University School of Medicine, Università del Wisconsin-Madison, hanno però scoperto che la presenza di alti livelli di PSA non è per forza sempre legata alla presenza di forme tumorali alla prostata, ma può anche essere legato alla presenza di un ormone specifico.
Si tratta dell’ormone paratiroideo, prodotto dalle paratiroidi, quattro piccole ghiandole incorporate nella tiroide, che serve al corpo per regolare i livelli di calcio nel sangue, nonché a stimolare la crescita delle cellule della prostata in generale.

Un virus associato al tumore alla prostata

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Un virus noto per causare tumori negli animali è stato per la prima volta individuato nelle cellule del tumore alla prostata dell’uomo. A scoprirlo i ricercatori dell‘University of Utah e della Medical School alla Columbia University, che hanno ritrovato il virus nel 27% di 200 malati di tumore alla prostata esaminati.
Il virus, identificato dalla sigla XMRV, e definito come gammaretrovirus, è associato allo sviluppo di una delle forme tumorali più aggressive, e la sua presenza, nella prostata non affetta da tumore, si riscontra solo nel 6% dei casi.

Dibattito sull’aumento degli esami per il dosaggio del PSA per scoprire il tumore alla prostata

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Le nuove possibilità offerte dalloscreening per il tumore alla prostata attraverso l’esame del dosaggio del PSA, suscitano un interessante dibattito tra medici e scienziati. Un recente studio, pubblicato sul numero di agosto della rivista Journal of National Cancer Institute sostiene che i test per il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) ha di fatto contribuito a scoprire un numero di casi di tumore alla prostata molto elevato, con il conseguente aumento degli interventi chirurgici e di radioterapia. Questi trattamenti terapeutici in molti casi provocano però effetti collaterali, come impotenza ed incontinenza, ed il dubbio dei ricercatori si sofferma sul fatto che in alcuni casi il tumore alla prostata avrebbe avuto uno sviluppo talmente lento nei pazienti che essi non ne avrebbero risentito per tutto il corso della loro vita.

Bere molto aumenta il rischio di tumore alla prostata

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Bere molto alcool aumenta il rischio di tumore alla prostata, secondo uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Cancer.
I ricercatori che stavano conducendo uno studio sugli effetti del forte consumo di alcool sull’efficacia di un farmaco usualmente prescritto per prevenire il cancro alla prostata, il finasteride, hanno non solo verificato che l’alcool ne riduce l’efficacia, ma hanno anche scoperto quale influenza questo può avere come fattore di rischio nei confronti dei tumori prostatici.

Tumore alla prostata: nuovi successi con la brachiterapia

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I pazienti affetti da tumore alla prostata trattati con la brachiterapia, se non hanno una ricaduta entro i primi 5 anni, non ne avranno nemmeno nell’arco dei 10 anni.
La brachiterapia è una forma di radioterapia che prevede il trattamento del carcinoma prostatico con radiazioni ad elevato potenziale localizzate ed estremamente mirate, efficace nell’evitare di ledere i tessuti e gli organi vicini.
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