Nuove ricerche sulla febbre dengue

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Una ricerca di recente pubblicazione sulla rivista Science offre nuovi spunti alla comunità scientifica su come l’organismo umano si comporta quando è attaccato dalla febbre dengue, una malattia tropicale che in questi ultimi anni ha avuto una diffusione notevole.
La ricerca si è basata sul prelevamento di campioni di sangue su un gruppo di volontari infettati dal virus della dengue, scoprendo che gli anticorpi prodotti dall’organismo non svolgono un lavoro di contenimento dell’infezione efficace ed adeguato.

Virus dell’epatite C coltivato in laboratorio

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Una delle esigenze più sentite nella ricerca medica è quella di poter riuscire a studiare le cellule, il loro comportamento e le conseguenze di determinate infezioni il laboratorio, per poter in questo modo scoprire nuove strategie terapeutiche e diagnostiche. Il problema è che ciò non è sempre possibile. Uno degli ostacoli per lo studio delle cellule del fegato per esempio risiede nel fatto che mentre molti tipi di cellule umane possono essere coltivate con successo in laboratorio, la coltura di queste è sempre stata problematica.

Come il virus “fa il surf” tra le cellule

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Ricercatori del London Imperial College britannico sono riusciti a catturare grazie ad una telecamera il meccanismo con cui i virus, nel loro studio quello della varicella, “rimbalzano” da una cellula all’altra alla ricerca di quelle non ancora infettate. Il meccanismo è assolutamente interessante perchè spiega in che modo il virus riesce a riconoscere una cellula che ne ospita già uno da quelle che invece sono potenzialmente libere per ospitare il microrganismo.

Come il virus evita lo sfratto dalla cellula

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Un’infezione virale è come un ospite indesiderato che mette a punto tutta una serie di sotterfugi per non essere cacciato dalla cellula che lo ospita.
E’ questo il meccanismo con cui funzionano i virus, ed un recente studio realizzato da ricercatori del Salk Institute ha voluto approfondire quale sia il meccanismo che il virus mette in campo per impedire alla cellula ospite di difendersi e di espellerlo.
La ricerca si è appuntata sul virus dell’herpes simplex che, come tutti gli altri virus, ha bisogno di una cellula ospite per potersi replicare e diffondere. Il primo importante ostacolo che esso trova è proprio il sistema di difesa della cellula, in particolare due proteine, RNF8 e RNF168, che agiscono nel caso si verifichi una qualche anomalia o danneggiamento del DNA della cellula.

Primo caso di trasmissione di virus dell’influenza suina farmaco-resistente

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Funzionari della sanità britannici hanno recentemente dichiarato che si è verificato il primo caso di trasmissione di virus dell’influenza suina resistente al farmaco Tamiflu, attualmente uno dei più efficaci contro la diffusione della nuova influenza virale. Ciò si sarebbe verificato all’ospedale universitario del Galles, ed avrebbe coinvolto cinque persone tre delle quali avrebbero contratto l’influenza proprio all’interno delle strutture sanitarie.

L’influenza suina causa più decessi tra gli anziani

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Uno studio sull’influenza H1N1 in Messico ha rilevato che se i bambini e le persone di età inferiore ai 40 anni hanno più probabilità di ammalarsi, è tra gli anziani che si verifica il più alto tasso di mortalità.
La ricerca, pubblicata on-line sulla rivista The Lancet, riporta l’analisi delle cartelle cliniche dei pazienti ricoverati negli ospedali messicani rilevate dal Mexican Institute for Social Security tra il 28 aprile ed il 31 luglio di quest’anno.

Sintomi mononucleosi

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La mononucleosi è un’infezione causata da un virus denominato virus di Epstein-Barr.
La malattia non si diffonde facilmente come avviene per altri virus, come, per esempio, quello del raffreddore o dell’influenza. Il virus che provoca la mononucleosi infatti si trova nella saliva e nel muco, e per questo motivo viene trasmesso solo con un contatto con questi fluidi. E’ per questo che spesso uno dei modi in cui esso si trasmette più facilmente è attraverso il bacio.

Tale forma di diffusione fa si che la mononucleosi sia stata da tempo popolarmente identificata come “la malattia del bacio“.

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