E’ utile effettuare gli screening di massa sugli uomini sani ed asintomatici per la diagnosi precoce del tumore alla prostata? La questione è da tempo molto dibattuta. Vediamo insieme in cosa consistono questi test, quali sono i pro ed i contro e quali le altre indagini diagnostiche del caso sono da effettuare.
PSA ed esame rettale per lo screening
I test di screening per controllare la salute della prostata sono sostanzialmente 2: l’esplorazione rettale e il dosaggio dell’antigene (PSA) specifico della prostata. L’esame rettale è quello che più imbarazza e preoccupa gli uomini. Consiste nell’inserimento, da parte del medico di un dito con guanto e lubrificante nel retto, per controllare al tatto la prostata: alterazioni della consistenza, forma o dimensioni, vanno considerate come elementi di sospetto e devono suggerire ulteriori approfondimenti. Non si tratta di una indagine dolorosa. L’altro test utilizzato negli screening e con maggiore semplicità di approccio è l’analisi del sangue con il PSA: questo antigene prostatico è prodotto fisiologicamente dalla ghiandola prostatica, e quindi è abitualmente presente in minime quantità, nel sangue. Alte concentrazioni però sono sinonimo di qualcosa che non va. Non necessariamente un tumore (anche un’infezione, un’infiammazione o un’iperplasia), m è sempre un campanello d’allarme da non trascurare. Il PSA e l’esame rettale insieme sono in grado di suggerire un sospetto diagnostico cancerogeno (non la diagnosi certa di tumore alla prostata), ma non sono stati rivelati finora sostanziai miglioramenti nei numeri di sopravvivenza generale in approccio con gli screening o meno. E’ questo il dubbio che si instaura nei dibattiti sulla loro opportunità. Ma è una questione di costi di screening e non di efficacia. Fare una visita di controllo ed un esame del sangue almeno 1 volta l’anno non è di certo nulla di negativo o controproducente per il singolo individuo.
Diagnosi di cancro alla prostata
DRE (visita rettale) o PSA, che dimostrano anomalie suggeriscono di fare altre indagini, quelle che possono identificare con maggiore precisione la diagnosi di cancro. Queste sono l’ecografia trans rettale alla prostata e la biopsia (questa si può fare anche attraverso il prelievo di cellule grazie ad un ago –agobiopsia). Da qui si potrà stabilire se il tessuto presenta cellule neoplastiche e la loro tipologia, o classificazione, dunque anche l’eventuale aggressività. Questo passaggio è utile anche per stabilire la terapia più adeguata di base. Tale classificazione avviene con il cosiddetto punteggio di Gleason che indica appunto la capacità di differenziazione delle cellule malate (da 2 –scarsa a 10-molto aggressiva).
Altri test
Una volta identificata la presenza di un tumore alla prostata vanno fatte altre indagini diagnostiche per comprendere la sua stadiazione (ovvero quanto si è diffuso). Si usano essenzialmente tecniche di imaging:
- Ecografie in altri distretti del corpo
- Scintigrafia alle ossa
- Tac con contrasto e senza
- Risonanza magnetica
- Pet (tomografia ad emissione di positroni)
Cosa fare e quando dipende dai singoli individui e dalla situazione clinica in cui si trovano.
Stadiazione tumore alla prostata
Come dagli altri tumori si effettua una stadi azione che sarà possibile trovare nei documenti attestanti la diagnosi:
Stadio 1= si intende un tumore localizzato ed in fase precoce, non considerato aggressivo o pericoloso
Stadio2= il tumore è sempre localizzato, ma lo si ritiene in crescita
Stadio 3= il tumore ha invaso altri organi e tessuti vicino alla prostata
Stadio 4= è quello più nefasto perché indica la compromissione da parte della malattia di altri organi vicini o lontani come anche i polmoni.
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Fonte: Mayo Clinic
Foto: Thinkstock
