In futuro l'aspetto e le dimensioni del tumore non saranno più gli strumenti utilizzati per valutare prognosi e terapie efficaci per combattere il cancro al seno.
Lo suggerisce uno studio di ricercatori europei che hanno analizzato il codice genetico di 595 tumori al seno, confrontandolo con lo stesso tipo di tessuti presenti in donne non affette dal tumore.
Per molto tempo, fino almeno alle soglie del nuovo secolo, il tumore al seno veniva valutato in base alle dimensioni, all’aspetto, o all’impatto più o meno esteso sui linfonodi.
Da quando però è stato pubblicato la mappa del genoma umano sono sempre più ricorrenti gli studi che vanno ad esplorare il codice genetico dei tessuti tumorali, nella speranza di scoprire in questi quelle differenze nel DNA e nel codice genetico che in realtà differenziano un tumore dall’altro, e che potrebbero aprire la strada a terapie e cure maggiormente mirate.
Nel caso del tumore al seno per esempio i medici hanno ormai individuato le differenti caratteristiche delle cellule tumorali, se sono per esempio recettori dell’estrogeno (ER) positivo, quando fanno uso degli estrogeni per promuovere la loro crescita; ma la cellula tumorale può anche essere recettore del progesterone positivo o recettore ormonali negativo, o ancora può presentare troppe copie del gene HER-2 che stimola la proliferazione cellulare.
I ricercatori hanno cioè dimostrato, con il loro studio di recente apparso su Science Translational Medicine che certe alterazioni nella struttura di DNA sono efficaci nel predire lo sviluppo del tumore e le possibili reazioni ai trattamenti terapeutici, più della descrizione dell’aspetto e delle dimensioni.
Ci sono alcuni tipi di cancro al seno che sono molto grandi e non si diffondono, mentre altri sono invece molto piccoli ma capaci di svilupparsi e coinvolgere molti linfonodi: un motivo in più per comprendere come la descrizione anatomica del tumore non sia ad oggi più sufficiente per valutare il suo sviluppo e le cure necessarie.
Per ogni tipo di tumore i farmaci possono o meno funzionare: per i tumori ER positivi, per esempio, un farmaco come il tamoxifene che blocca gli ormoni può essere efficace, ma non funziona invece nelle donne che presentano tessuto tumorale con recettori ormonali negativi.
E’ un nuovo modo di esplorare il tumore al seno, concludono i ricercatori, che permetterà in futuro una maggior focalizzazione della prognosi e dell’efficacia di cure ormonali o chemioterapia.